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Visualizzazione dei post da 2021

La cosa peggiore dei D.S.A.

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Quando si pensa a chi ha una diagnosi di disturbi specifici di apprendimento, si crede che la cosa peggiore sia il sentirsi etichettato oppure il non riuscire a prendere un bel voto a scuola nonostante l'impegno. La realtà però è, purtroppo, molto differente. Ciò che pesa non è la definizione del disturbo, che per chi non lo vive può voler dire classificare la persona in una categoria definibile come "vorrei ma non posso". Anzi, la definizione a volte è ciò che permette una spiegazione laddove si faticava a trovarne le cause ("perché scrivo storto nonostante le righe?", "perché dopo 5 minuti di lettura mi sento già affaticato?", "perché la tabellina del 7 non mi entra in testa?", ecc.). Il problema, il vero problema, è che avere un D.S.A. significa scoprire ogni giorno qualcosa di nuovo che ti risulta difficile rispetto alle richieste dell'ambiente in cui vivi. Il che a volte dà la sensazione di non avere il pieno controllo di sé: non nel

Imparare non significa per forza annoiarsi

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Per qualche misterioso motivo, c'è sempre stata l'idea che per imparare fosse necessario versare sangue, sudore e lacrime. Come se ridendo non fosse possibile apprendere. Studi anche molto recenti hanno dimostrato che un clima positivo e supportivo in classe sostiene motivazione ed apprendimento. Le emozioni infatti hanno una grandissima influenza su questo processo, guidando la sfera decisionale e creativa. Secondo Lev Semënovič Vygotskij  l'apprendimento non è un'assimilazione passiva di contenuti, ma implica un'importante attivazione cognitiva ed emotivo. Per Howard Gardner lo studente che è stimolato positivamente e che può associare le nozioni ad emozioni riuscirà ad apprendere con minor fatica e con risultati migliori rispetto a chi non viene emotivamente coinvolto, che rischia invece di dimenticare quanto studiato in tempi decisamente più brevi. Nella mia esperienza professionale, quando si tratta di lavorare sugli apprendimenti cerco sempre di mantenere un

Quando tuo figlio parla di challenge

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Chi ha in casa ragazzi sicuramente avrà sentito almeno una volta il termine " challenge ": di cosa si tratta? Per challenge si intende una sfida che viene lanciata sui social con lo scopo di diffonderla a più persone possibili.  Una delle prime sfide "note" risale al 2014: la "ice bucket challenge", in cui personaggi più o meno famosi si facevano lanciare addosso secchiate di acqua gelida e ghiaccio. Da allora questo genere di imprese si sono diffuse sui vari social, alcune anche con scopi benefici. Le challenge possono innanzitutto concretizzarsi in sfide reali, in cui bisogna dimostrare abilità, caratteristiche o resistenza, oppure in compiti da portare a termine, come ad esempio pubblicare quotidianamente foto. La viralità viene garantita dall'utilizzo di hastag specifici, con i quali vengono accompagnate le immagini ed i video. Accettare un tipo di challenge lanciato da un influencer o da un determinato gruppo alimenta sicuramente il senso di ap