La diagnosi non fa paura

Capita sempre più spesso di trovarmi davanti a bambini e ragazzi con difficoltà in diversi ambiti (comportamento, abilità scolastiche,ecc.): la cosa è abbastanza ovvia dal momento che lavoro nell'ambito scolastico e del settore giovanile sportivo.
Nella situazione in cui la difficoltà viene riconosciuta, approfondita ed eventualmente diagnosticata, il bambino viene "assolto" da colpe che non ha, come ad esempio disattenzione, svogliatezza, disimpegno, ineducazione. Chi si trova a gestirlo ed a lavorare con lui, sa quali possono essere i punti critici del ragazzo e si comporta di conseguenza, focalizzando l'attenzione su altre caratteristiche da potenziare e non andando a minare nè l'autostima del minore nè la propria di figura educatrice efficace.
Purtroppo invece spesso prevale la "strategia dello struzzo": il genitore minimizza il problema del figlio, lo nega oppure cerca origini differenti da quella reale, attribuendone la colpa a fattori esterni. Questo perchè ammettere che la propria creatura possa avere caratteristiche differenti da altri viene vissuto in maniera negativa oppure si pensa che in seguito ad una diagnosi possa nascere discriminazione.  In realtà, il bambino è già discriminato, dal momento che viene spesso additato con connotazioni negative che col tempo portano ad un abbassamento di autostima, emarginazione o derisione da parte dei pari o di chi se ne deve occupare, oppure addirittura ad un acuirsi del suo disturbo. Il clima che circonda il bambino è tutt'altro che positivo, alimentando un suo disagio sempre maggiore che con il passare del tempo e con l'adolescenza non può sicuramente migliorare.
Accettare il proprio figlio nella sua interezza, incluse le difficoltà, e cercare soprattutto di aiutarlo andando a capire ed approfondire i suoi problemi può essere quindi estremamente risolutivo.

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